giovedì 24 maggio 2012

Il discorso di Benigni
(tratto da Ravenna, finalmente!, Fernandel, 2011)

[...]
Quando il calderone assordante si placò, Benigni prese il microfono e si sporse verso la folla, a pochi centimetri dal bordo del palco.
«Vi chiedo scusa per l’attesa» disse. L’accento aretino, inconfondibile, era solo leggermente impastato dagli anni. Le “c” aspirate e le “s” ruvide risuonavano musicali dagli altoparlanti. «Ma volevo salire lassopra per gustarmi lo spettacolo. Mi volevano fa’ stare in camerino fino all’ultimo, ma nun ci so’ riusciti!». Un applauso fragoroso e risate copiose scoppiarono tra la folla.
«Mi spiace se vi ho fatto un po’ dannare ma proprio ‘un resistevo. Sicché son salito sui merli e vi ho guardato dall’alto. Mammina come eravate belli! Cioè anche da quaggiù non siete niente male ma da lassù si percepiva proprio un respiro unico, come una creatura fatta di mille occhi e mille braccia... Ora, noi si è qui, stasera, per parlare di un po’ di cosucce, cose grandi ma anche cose piccine, che insomma ci riguardano. Be’, vi devo dire però che tutte queste cose scritte e dette non potrebbero descrivere quello che provavo io quand’ero lassopra a guardarvi. Ma una gioia, una felicità, ero proprio tutto pervaso da questa contentezza di vedere tante persone assieme festeggiare e dare inizio a qualcosa di meraviglioso. Guardate, sono ancora qui con la pelle d’oca… Be’, ora basta però sennò si fa gli sdolcinati e si sviolina che poi sembra che la Sindaca ci abbia pagato per parlar bene di Ravenna.»
Il pubblico rise e tornò ad applaudire mentre Benigni si asciugava la fronte con un fazzoletto tricolore. «Grazie, grazie... Bene, ora, proprio così pe' cominciare, vorrei parlarvi di un signore, un signore inglese che visitò questa città alcuni secoli or sono. Questo signore, che si chiamava Oscar, come Oscar Wilde, e infatti era lui, aveva viaggiato un po’ per l’Italia, e ne aveva viste di cose maestose e incredibili, poi risalì fino a Ravenna. Arrivò a cavallo, una sera d’estate verso il tramonto, un po’ come s’è fatto noi ier sera. Bene, quando arrivò fu talmente emozionato che, lì per lì non riuscì a scrivere nulla, ma quando tornò in patria, circa un anno più tardi, compose una lunga poesia, con la quale vinse anche un premio… Ci mise un anno per farla anche perché, sapete, quando le emozioni sono troppo forti non è un bene mettersi a scrivere. Bisogna farle sedimentare, lasciarle stare per un po’, e poi quando ce le si è quasi dimenticate, bisogna lasciarle uscire tutte d’un botto e dirle a tutti! Ecco, Oscar Wilde le ha fatte uscire è ha scritto una poesia, che fa più o meno così: sento la nostalgia del passato... No scherzo, scherzo! Siamo seri... oh, noi la si è tradotta dall'inglese, però fa più o meno così: Un anno fa respiravo l’aria italiana... Poi dice altre cose e poco dopo continua dicendo: Oh, come il mio cuore arse di fanciullesca passione / Quando lontano oltre falaschi e stagno / Vidi quella Città Santa ergersi netta / Coronata della sua corona di torri! Avanti e avanti / Galoppai, in gara contro il sole calante / E prima che l’ultimo bagliore vermiglio fosse trascorso / fui entro le mura di Ravenna finalmente!»
La folla applaudì composta e brevemente. Benigni riprese a parlare sugli ultimi batter di mani.
«Ravenna capitale europea della cultura» disse, calcando minuziosamente ogni parola. «Ci avreste mai creduto? Eh? La signora qui in prima fila fa no con la testa. E, vi dico un segreto, basta che non lo diciate in giro, tanto qui siamo tra pochi amici, si fa pe’ scherzare. Ma vi devo dire, che anche la Sindaca, me l’ha detto proprio ieri sera quando so’ arrivato, che ‘un ci credeva nemmeno lei! Dice… Sindaco, oh, si fa pe’ scherzare! Dice, mi ha detto: ci avessi dovuto scommettere sei o sette anni fa avrei detto mai al mondo! E mica me l’ha detto solo lei! Ora, io sono venuto a Ravenna per girare un filmetto quasi trent'anni fa, la signora qui davanti fa con la testa, si ricorda… Ed era un po’ che non ci tornavo. Ma devo dire che, insomma, è sempre uno splendore! Ravenna è stata tre volte capitale, non capita mica a tutte le città! Ad esempio Castiglion Fiorentino, da dove vengo io, non è mai stata capitale di niente…Eh! Qua invece, imperatori, re, esarchi, vi hanno dedicato delle parole stupende non solo Dante ma anche Byron, Oscar Widle lo abbiamo detto, D’Annunzio, Montale, insomma! Questo pe’ dire che in passato qualcuno ci ha creduto, è rimasto colpito e affascinato da Ravenna… Perciò ora tocca affascinarsi di nuovo, crederci di nuovo. Non si vorrà mica deludere l’Europa! Che poi non ci danno più i fondi pe’ salvare il Governo, e l’è un casino…Signora lei adesso ci crede? Fa così così con la mano… E voi ci credete? Ci credete o no?»
Un urlo salì dalla folla che fino a quel momento aveva ascoltato, in religioso silenzio.
«E voi? Ci credete o no...?»

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