Il discorso di Benigni
(tratto da Ravenna, finalmente!, Fernandel, 2011)
[...]
Quando
il calderone assordante si placò, Benigni prese il microfono e si
sporse verso la folla, a pochi centimetri dal bordo del palco.
«Vi
chiedo scusa per l’attesa» disse. L’accento aretino,
inconfondibile, era solo leggermente impastato dagli anni. Le “c”
aspirate e le “s” ruvide risuonavano musicali dagli altoparlanti.
«Ma volevo salire lassopra per gustarmi lo spettacolo. Mi volevano
fa’ stare in camerino fino all’ultimo, ma nun ci so’
riusciti!». Un applauso fragoroso e risate copiose scoppiarono tra
la folla.
«Mi
spiace se vi ho fatto un po’ dannare ma proprio ‘un resistevo.
Sicché son salito sui merli e vi ho guardato dall’alto. Mammina
come eravate belli! Cioè anche da quaggiù non siete niente male ma
da lassù si percepiva proprio un respiro unico, come una creatura
fatta di mille occhi e mille braccia... Ora, noi si è qui, stasera,
per parlare di un po’ di cosucce, cose grandi ma anche cose
piccine, che insomma ci riguardano. Be’, vi devo dire però che
tutte queste cose scritte e dette non potrebbero descrivere quello
che provavo io quand’ero lassopra a guardarvi. Ma una gioia, una
felicità, ero proprio tutto pervaso da questa contentezza di vedere
tante persone assieme festeggiare e dare inizio a qualcosa di
meraviglioso. Guardate, sono ancora qui con la pelle d’oca… Be’,
ora basta però sennò si fa gli sdolcinati e si sviolina che poi
sembra che la Sindaca ci abbia pagato per parlar bene di Ravenna.»
Il
pubblico rise e tornò ad applaudire mentre Benigni si asciugava la
fronte con un fazzoletto tricolore. «Grazie, grazie... Bene, ora,
proprio così pe' cominciare, vorrei parlarvi di un signore, un
signore inglese che visitò questa città alcuni secoli or sono.
Questo signore, che si chiamava Oscar, come Oscar Wilde, e infatti
era lui, aveva viaggiato un po’ per l’Italia, e ne aveva viste di
cose maestose e incredibili, poi risalì fino a Ravenna. Arrivò a
cavallo, una sera d’estate verso il tramonto, un po’ come s’è
fatto noi ier sera. Bene, quando arrivò fu talmente emozionato che,
lì per lì non riuscì a scrivere nulla, ma quando tornò in patria,
circa un anno più tardi, compose una lunga poesia, con la quale
vinse anche un premio… Ci mise un anno per farla anche perché,
sapete, quando le emozioni sono troppo forti non è un bene mettersi
a scrivere. Bisogna farle sedimentare, lasciarle stare per un po’,
e poi quando ce le si è quasi dimenticate, bisogna lasciarle uscire
tutte d’un botto e dirle a tutti! Ecco, Oscar Wilde le ha fatte
uscire è ha scritto una poesia, che fa più o meno così: sento la
nostalgia del passato... No scherzo, scherzo! Siamo seri... oh, noi
la si è tradotta dall'inglese, però fa più o meno così: Un anno
fa respiravo l’aria italiana... Poi dice altre cose e poco dopo
continua dicendo: Oh, come il mio cuore arse di fanciullesca passione
/ Quando lontano oltre falaschi e stagno / Vidi quella Città Santa
ergersi netta / Coronata della sua corona di torri! Avanti e avanti /
Galoppai, in gara contro il sole calante / E prima che l’ultimo
bagliore vermiglio fosse trascorso / fui entro le mura di Ravenna
finalmente!»
La
folla applaudì composta e brevemente. Benigni riprese a parlare
sugli ultimi batter di mani.
«Ravenna
capitale europea della cultura» disse, calcando
minuziosamente ogni parola. «Ci avreste mai creduto? Eh? La signora
qui in prima fila fa no con la testa. E, vi dico un segreto,
basta che non lo diciate in giro, tanto qui siamo tra pochi amici, si
fa pe’ scherzare. Ma vi devo dire, che anche la Sindaca, me l’ha
detto proprio ieri sera quando so’ arrivato, che ‘un ci credeva
nemmeno lei! Dice… Sindaco, oh, si fa pe’ scherzare! Dice, mi ha
detto: ci avessi dovuto scommettere sei o sette anni fa avrei detto
mai al mondo! E mica me l’ha detto solo lei! Ora, io sono venuto a
Ravenna per girare un filmetto quasi trent'anni fa, la signora qui
davanti fa sì con la testa, si ricorda… Ed era un po’ che
non ci tornavo. Ma devo dire che, insomma, è sempre uno splendore!
Ravenna è stata tre volte capitale, non capita mica a tutte le
città! Ad esempio Castiglion Fiorentino, da dove vengo io, non è
mai stata capitale di niente…Eh! Qua invece, imperatori, re,
esarchi, vi hanno dedicato delle parole stupende non solo Dante ma
anche Byron, Oscar Widle lo abbiamo detto, D’Annunzio, Montale,
insomma! Questo pe’ dire che in passato qualcuno ci ha creduto, è
rimasto colpito e affascinato da Ravenna… Perciò ora tocca
affascinarsi di nuovo, crederci di nuovo. Non si vorrà mica deludere
l’Europa! Che poi non ci danno più i fondi pe’ salvare il
Governo, e l’è un casino…Signora lei adesso ci crede? Fa così
così con la mano… E voi ci credete? Ci credete o no?»
Un
urlo salì dalla folla che fino a quel momento aveva ascoltato, in
religioso silenzio.
«E
voi? Ci credete o no...?»
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