giovedì 3 maggio 2012


Muretto

F. era seduto sul muretto e da circa una mezz’ora tormentava B., ripetendogli continuamente: “Dai, dammi un pugno in faccia, dammi un pugno in faccia!”. La piazza si stava svuotando dopo il concerto e la collinetta era ricoperta di bottiglie mezze vuote e pacchetti di sigarette accartocciati. Ci stavamo godendo la serata tiepida di metà maggio, convinti che sarebbe finita come al solito, con qualche birra di troppo e un’ultima passeggiata sotto i portici.
Poi ci fu uno schiocco agghiacciante e vidi F. con la testa china che sputava sangue. Per un attimo non capii bene cosa stesse accadendo. Nessuno si mosse. F. scese dal muretto, e andò incontro a B. con il labbro proteso in una posa innaturale. Si fermò a un passo da lui, la faccia piantata sulla sua. Poi lo abbracciò ed iniziò a ripetere, quasi piangendo: “Grazie, grazie!”. B. era allibito e dispiaciuto e imbarazzato allo stesso tempo. Scostò F. e si mise a implorarlo: “Adesso dammelo tu!”. La cosa andò avanti per qualche minuto finché lo zigomo destro di B. ricevette il suo compenso. I due si abbracciarono di nuovo, sporcandosi a vicenda le maglie di sangue fresco.
S. è cintura nera di judo. A casa spesso si diverte a lottare con M., che di judo non ne ha un’idea. Buttano i cuscini del divano per tutta la sala e poi ci si rotolano sopra. S. sa come prenderti e farti cadere senza che nessuno dei due si faccia male, perciò il gioco può andare avanti senza problemi anche per ore. Ma qui non ci sono i cuscini ed entrambi hanno bevuto parecchio. Il risultato è che al terzo assalto S. afferra M. ai fianchi e inizia a girare con lui, sempre più velocemente, fino a quando perde la presa e M. vola senza controllo e di faccia contro il cemento. Il suo atterraggio è quasi parallelo al suolo, così che il volto gli si scortica completamente e il naso si frattura in due punti. Si alza, e dice: “Mi brucia un po’ la fronte...”. Si tira indietro i lunghi capelli rasta. Tiene gli occhi aperti a fatica. Il sangue inizia a colare da decine di piccole escoriazioni come se fosse passato in mezzo ad una grata.
Nel giro di pochi secondi scatta il Fight Club. P. getta via una lattina di birra scadente e si avventa su S., minacciandolo, ma non sul serio, per quello che ha fatto a M. Gli salta in groppa, lo stringe al collo e in pochi istanti cadono entrambi di schiena. P. resta schiacciato, prende una gomitata sullo sterno e gli manca il fiato per un po’. Ma si rialza e si mette a spintonare chiunque gli passi a tiro. Nel mentre B., che non ha ancora esaurito la scarica di adrenalina di poco prima, si unisce alla mischia al fianco di P. e improvvisa placcaggi da wrestler, andando a picchiare la faccia contro le ginocchia di chi cerca di sfuggirgli. Arrivano G., N., T., e un’altra mezza dozzina di ragazzi che non conosco, forse anche I. Mentre vedo Alice ed Elisa farsi da parte e fissare incredule la scena, realizzo di essere al centro del ring, esterrefatto ma in un certo senso divertito, assolutamente incapace di fare qualcosa.
Per fortuna che G. ha la macchina e riescono a portare M. e F. in ospedale. Intanto alcuni si allontanano alla spicciolata e io cerco di tornare a casa con N. Lui però vuole correre, anche se non è in grado e io cerco di trattenerlo. All'ennesimo tentativo di divincolarsi però mi sfugge e scivola, andando a sbattere contro una vetrina sporgente in metallo, infrangendone il vetro. La botta sembra seria.
Arrivati a casa si alza la maglia ed emerge un livido grande come una mano e viola come una bietola cotta, e più o meno della stessa consistenza. Nel mentre arrivano a casa anche B. e I., messi malino. I. passa una vita in bagno finché non ci si addormenta e lo devo andare a prendere. Con B. cerchiamo di ricostruire gli avvenimenti delle ultime ore. Ci scappano due risate, poi andiamo a dormire anche noi.

Questa storia l'avrò raccontata cento volte, ma era ora che venisse scritta.
Grazie regaz, da P.

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