giovedì 17 maggio 2012


Nobumoto e il ventaglio


Nobumoto Kasuramigawa sedeva, assorto, nel Patio delle Allodole, assaporando il tepore del sole pomeridiano. Il solletico delle venature del legno sotto i piedi nudi gli risultava piacevole ed era la sensazione tangibile dei rari momenti di riposo che poteva concedersi lontano dal palazzo. Quando rimaneva per ore negli alloggi della corte a colloquiare con i dignitari o a redigere missive, ogni tanto si distraeva, cercando di ricordare quella sensazione sotto i piedi. Senza accorgersene li muoveva leggermente, facendoli scivolare sui geta di legno di kiri, ma le calzature gli impedivano di percepirne la superficie leggermente ruvida. Non sopportava di indossare i tabi in estate, ma l’Imperatore non tollerava i piedi scoperti, nemmeno per gli uomini.
Ad un tratto la quiete del parco venne interrotta da rapidi passi sul sentiero di ghiaia.
Senza scomporsi, Nobumoto aprì gli occhi e voltò adagio il capo alla propria destra. Un ragazzo, che egli conosceva bene, si stava avvicinando a lui, visibilmente timoroso ma eccitato.
«Perdonate, Nobumoto-sama.» disse il ragazzo, esibendo un sentito inchino, più ampio del necessario.
«Ti sei già perdonato da solo, interrompendo il mio ozio.» disse Nobumoto.
Il ragazzo alzò il capo, mortificato. Ma l’uomo gli stava sorridendo.
«Dimmi, cosa ti turba, kotaishi?» gli chiese.
«Ho un certo imbarazzo a rivelarvelo, Nobu-sama.»
«Ha a che fare con una fanciulla?»
«Come lo avete capito?»
«Da giorni ti vedo irrequieto e alla tua età un simile stato d'animo può essere dovuto a poche cose.»
«Avete ragione, Nobu-sama...»
«Tuttavia» disse il dignitario, interrompendo il ragazzo «Sei ancora troppo giovane per arrovellarti in certe questioni. Quando avrai compiuto il tuo gempukku potrai dedicarti alle faccende degli adulti.»
Il ragazzo rimase per qualche istante in silenzio, inibito ma deciso a non darsi per vinto.
«Ma l'amore non può essere solo per gli adulti.» disse infine.
«Vero, ma devi imparare a comprenderlo, kotaishi.»
Il ragazzo si fece nuovamente taciturno, intento a riordinare i pensieri.
«Ad ogni modo io provo simpatia per una persona e vorrei farglielo sapere.»
«Allora diglielo.»
«Ma ne ho timore.»
«Dunque scrivile.»
Il ragazzo parve illuminato.
«Comporrò un tanka!» esclamò.
«Mi sembra appropriato. E glielo reciterai?»
«Oh, certo che no... Glielo farò recapitare.»
«Non mi pare che così facendo tu possa dimostrare in giusta misura l'affetto che dici di provare.»
«Cosa mi suggerite dunque, Nobu-sama?»
«Quanto meno di trovare un modo insolito per farglielo avere.»
Il ragazzo si rimise a pensare, fissando gli alberi alle spalle di Nobumoto.
«Potrei scriverlo su un pezzo di carta e nasconderlo in uno dei suoi ventagli. Anzi, lo scriverò direttamente su un ventaglio e glielo regalerò!»
«Non state considerando una cosa. Un ventaglio non è sufficiente a contenere tutte le sillabe di un tanka. Ad esempio, il ventaglio che indossate ora quante pieghe ha?»
Il ragazzo estrasse il ventaglio dalla cintura e lo spalancò, iniziando a contare le stecche.
«Diciassette.» disse.
«Allora dovrai scrivere un componimento di diciassette sillabe.» disse Nobumoto.
«Non esiste nulla del genere, sama.»
«Allora lo inventerai per l'occasione. E se ti riuscirà dovrai anche dargli un nome.»
«Diciassette sillabe.. Un numero assai esiguo per esprimere ciò che sento.» osservò il ragazzo.
«La via del samurai sta nella brevità.»
A quelle parole il ragazzo si inchinò.
«Grazie per i vostri consigli, Nobu-sama. Ora devo rientrare a palazzo. Mio padre mi starà cercando.»
«Non devi ringraziarmi, kotaishi. Io sono vostro umile servitore.»
Il ragazzo fece un altro inchino e si voltò, per allontanarsi.
«Soddifsa una mia ultima curiosità.» disse Nobumoto.
Il ragazzo interruppe il movimento e si rivolse nuovamente al dignitario.
«Ditemi, Nobu-sama.»
«Qual è il suo nome?»
«Haiku.» rispose il ragazzo.

Nessun commento:

Posta un commento