Bushido
Tsunetomo voleva morire. Per trent'anni aveva servito il signore di Saga e tutto ciò che desiderava era seguirlo con onore nell'aldilà attraverso il suicidio rituale. Sarebbe stato per lui e la sua famiglia motivo di grande rispettabilità e una degna fine da samurai. Ma il signore di Saga aveva bandito quella pratica da tempo e Tsunetomo, suo malgrado, dovette desistere per non fare la fine di altri cortigiani, le cui famiglie erano state private degli eredi e confinate in province lontane. E siccome non andava d'accordo con il nuovo signore, decise di ritirarsi a vita monastica.
Non si rassegnava a quell'esistenza, poiché in qualche modo vi era stato costretto. L'unica cosa che poteva fare era vivere nel ricordo dell'epoca di Saga e delle gesta del suo signore e di suo padre. Attraverso quegli episodi, che egli narrò ad un discepolo, giunse a profonde riflessioni sulla morte, che in fondo è la via del samurai, il bushido. Nacquero così le Annotazioni su cose udite all'ombra delle foglie, che il discepolo trascrisse durante le lunghe conversazioni assieme al maestro, che avvenivano sotto i grandi baobab delle colline. Contro il volere di Tsunetomo, alla sua morte il discepolo diffuse le Annotazioni, che nell'arco di qualche secolo divennero un importante pilastro del bushido.
I latini avevano il Carpe Diem, l'invito massimo a godere del presente, nella consapevolezza che il domani è incerto. La via del samurai, in maniera analoga ma opposta, ci ricorda invece che la morte è in agguato e che bisognerebbe vivere al meglio il presente per non farsi sorprendere in difetto nei confronti del proprio signore, degli antenati o della famiglia. Se quando la morte giungerà non ci sentiremo in pace con la coscienza, se non avremo fatto tutto il possibile, allora subiremo il disonore. Quando un samurai è pronto a morire, allora padroneggia la Via.
Non si rassegnava a quell'esistenza, poiché in qualche modo vi era stato costretto. L'unica cosa che poteva fare era vivere nel ricordo dell'epoca di Saga e delle gesta del suo signore e di suo padre. Attraverso quegli episodi, che egli narrò ad un discepolo, giunse a profonde riflessioni sulla morte, che in fondo è la via del samurai, il bushido. Nacquero così le Annotazioni su cose udite all'ombra delle foglie, che il discepolo trascrisse durante le lunghe conversazioni assieme al maestro, che avvenivano sotto i grandi baobab delle colline. Contro il volere di Tsunetomo, alla sua morte il discepolo diffuse le Annotazioni, che nell'arco di qualche secolo divennero un importante pilastro del bushido.
I latini avevano il Carpe Diem, l'invito massimo a godere del presente, nella consapevolezza che il domani è incerto. La via del samurai, in maniera analoga ma opposta, ci ricorda invece che la morte è in agguato e che bisognerebbe vivere al meglio il presente per non farsi sorprendere in difetto nei confronti del proprio signore, degli antenati o della famiglia. Se quando la morte giungerà non ci sentiremo in pace con la coscienza, se non avremo fatto tutto il possibile, allora subiremo il disonore. Quando un samurai è pronto a morire, allora padroneggia la Via.
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