Zinedine
L'aeroporto di Barajas è in lento risveglio, schiacciato da nuvole soffocanti e avare di pioggia. Attraverso le pareti di vetro scorgo le ultime propaggini della città, che sto per abbandonare. Mi incammino adagio, trascinando il pesante borsone nero con le ruote e mi barcameno tra zaino e borsa a tracolla. Percorro minuti di tappeti rotanti, incontro pochi volti e nessuno è desideroso di guardare verso di me.
Trovo l'imbarco e mi metto in fondo alla fila, a dire il vero composta da un uomo solo. È un tipo alto, spalle larghe, indossa una camicia scura e dei pantaloni aderenti. Ha una borsa sportiva appoggiata alla spalla destra, come se non gli pesasse. Dalla bretella pende un foulard a righe, annodato non troppo stretto ad un capo. E' veramente ben piazzato, sembra uno sportivo. Forse un calciatore? Un cestista?
Ma è Zidane!
Recupera i documenti e il biglietto e si volta per uscire dalla fila. Ci guardiamo fissi. Io ho un'espressione sconvolta, come se fossi stato beccato a fissare la scollatura di una bella ragazza. Lui è anche più in imbarazzo di me. Rimaniamo così, a mezzo metro l'uno dall'altro per alcuni secondi, che sembrano minuti. Io vorrei chiamarlo per nome, o almeno sorridergli, stringergli la mano, forse chiedere un autografo... Lui sta pregando in silenzio perché io non faccia nulla di tutto quello. Se è lì alle sei e mezza del mattino, in attesa di un aereo low cost per Parigi, forse è proprio perché non vuole incappare in... Si sposta di lato, mi lancia un'ultima occhiata. Mi sorride.
Lo osservo oltrepassare l'imbarco, nell'indifferenza generale. Mi guardo attorno ma nessuno sembra averlo notato. Scivola via con leggerezza. Poi non lo vedo più, nascosto dal passaggio della macchina pulitrice. E per molti anni non l'ho raccontato a nessuno.
Trovo l'imbarco e mi metto in fondo alla fila, a dire il vero composta da un uomo solo. È un tipo alto, spalle larghe, indossa una camicia scura e dei pantaloni aderenti. Ha una borsa sportiva appoggiata alla spalla destra, come se non gli pesasse. Dalla bretella pende un foulard a righe, annodato non troppo stretto ad un capo. E' veramente ben piazzato, sembra uno sportivo. Forse un calciatore? Un cestista?
Ma è Zidane!
Recupera i documenti e il biglietto e si volta per uscire dalla fila. Ci guardiamo fissi. Io ho un'espressione sconvolta, come se fossi stato beccato a fissare la scollatura di una bella ragazza. Lui è anche più in imbarazzo di me. Rimaniamo così, a mezzo metro l'uno dall'altro per alcuni secondi, che sembrano minuti. Io vorrei chiamarlo per nome, o almeno sorridergli, stringergli la mano, forse chiedere un autografo... Lui sta pregando in silenzio perché io non faccia nulla di tutto quello. Se è lì alle sei e mezza del mattino, in attesa di un aereo low cost per Parigi, forse è proprio perché non vuole incappare in... Si sposta di lato, mi lancia un'ultima occhiata. Mi sorride.
Lo osservo oltrepassare l'imbarco, nell'indifferenza generale. Mi guardo attorno ma nessuno sembra averlo notato. Scivola via con leggerezza. Poi non lo vedo più, nascosto dal passaggio della macchina pulitrice. E per molti anni non l'ho raccontato a nessuno.
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