Superga
Il
trenino a cremagliera sale a piccoli scatti lungo il pendio.
Lentamente la città emerge dagli alberi nuovi e dai palazzi di
periferia e riempie l'orizzonte. La piccola stazione di Sassi
svanisce dietro la curva e ci inoltriamo nel boschetto che
fiancheggia la strada sinuosa.
È
una limpida giornata di inizio maggio e ci godiamo lo spettacolo
delle montagne sulle quali resiste ancora un po' di neve e della
valle dell'alto Po, che spiana il paesaggio verso sud.
Su
questa collina nel 1706, il duca Vittorio Amedeo II e il Principe
Eugenio di Savoia-Carignano fecero un voto alla Madonna affinché
concedesse loro la vittoria contro i francesi. L'enorme santuario che
oggi si staglia contro l'azzurro pastello è un segno evidente di
quel miracoloso dono.
Poco
più sotto, lungo un sentiero ricoperto di ghiaia, è situato un
altare in ricordo del Grande Torino, che contro queste rocce vide
finire il proprio mito, esattamente sessant'anni prima. Non sapevamo
fosse il giorno dell'anniversario, ma la grande affluenza di gente ci
fa comprendere la ricorrenza.
L'altare
è molto semplice: una base di granito ed una lastra bianca di marmo,
recentemente restaurata. Assomiglia alle lapidi della guerra, con i
medesimi nomi in colonna, solamente che invece di fanti e ufficiali
vi sono i nomi di dirigenti e giocatori.
L'atmosfera
è commovente e ci coinvolge, anche se non siamo del luogo e quasi
ignoriamo la vicenda, di cui sapiamo poco. Attorno a noi le persone
si abbracciano, piangono, portano fiori e ceri accesi. Ci sentiamo un
po' nel mezzo in quel dolore privato, di familiari, figli e
soprattutto nipoti, giovani tifosi.
Ci
abbracciamo anche noi e osserviamo in silenzio.
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