giovedì 8 novembre 2012


Occhio destro
Racconto per immagini


Un ragazzo magro, viso pallido, zigomi pronunciati, capelli neri corti, occhi scuri; indossa un grembiule bianco sul cui taschino sinistro è stampato un codice.
È seduto di fronte ad un nastro trasportatore che si muove a scatti. Ad ogni scatto arrivano davanti a lui due pezzi di metallo che egli assembla, con gesto meccanico e sguardo assente. Rumori di fondo: voci, motorini elettrici, pezzi di metallo che urtano tra loro.

Lo stesso ragazzo, in piedi, fermo al lato della strada. Indossa una lunga giacca bianca, lucida. Sta fissando qualcosa, gli occhi abbassati e il viso triste; il respiro si condensa nell’aria per il freddo. Dietro di lui passano diverse persone a piedi e alcuni mezzi avveniristici, un paio di moto, macchine, due delle quali fluttuano a mezzo metro da terra accompagnate da un rumore elettrico ripetitivo, come di turbina.

Vetrina di un negozio, enorme e ben illuminata. Di fronte ad uno sfondo bianco campeggiano due protesi di gambe di un materiale lucido grigio chiaro. Sul vetro del negozio si riflette l’immagine del ragazzo.
Dopo alcuni secondi il ragazzo si volta alla sua sinistra e si allontana dalla vetrina, zoppicando vistosamente.

Buio totale. Si apre una porta e la stanza viene parzialmente illuminata dalla luce proveniente dal pianerottolo. La sagoma di una persona in controluce si ferma sulla soglia. Allunga la mano destra verso il muro interno della stanza. Con gesto sicuro trova l’interruttore e accende la luce.
La stanza è alta circa quattro metri. Le pareti sono di un verdino chiaro, sembrano di plastica.
Accanto alla porta, sotto l’interruttore della luce c’è un mobile nero, anch’esso lucido, un parallelepipedo più alto che largo, con gli angoli smussati. Un mobile identico ma tre volte più grande occupa la parete dall’altro lato della porta.
Il ragazzo fa due passi, zoppicando, poi si volta e chiude la porta.
Si sposta di un passo alla sua destra e allunga la mano per digitare un codice su una tastiera larga pochi centimetri situata tra lo stipite e il grande mobile nero.
Digita le cinque cifre con lentezza e precisione. Ad ogni pressione del dito sul tasto segue un bip monotonico.
Breve sibilo elettronico. Una patina azzurra semiopaca ricopre la porta e dopo due secondi si affievolisce fino a scomparire.
Il ragazzo si volta e, sempre zoppicando, si allontana dalla porta.

Il ragazzo si siede su una poltrona blu, lucida, strappata sul bracciolo destro in due punti. Indossa una maglia aderente, beige, con una cerniera sulla scapola sinistra e dei pantaloni dello stesso colore, anch’essi aderenti e lucidi. É illuminato frontalmente da una luce che varia a intervalli irregolari di alcuni secondi.
Ha sulle gambe un contenitore di alluminio al quale toglie il coperchio mentre guarda davanti a sé, verso la luce. Giungono ovattati rumori di persone che ridono. Ride anche il ragazzo, mentre con la mano destra prende qualcosa dal contenitore e se lo porta alla bocca.
Ripete il gesto più volte, succhiandosi i polpastrelli del pollice, dell’indice e del medio dopo ogni boccone. Voce ovattata di uomo che ironizza su persone famose. Il ragazzo guarda sempre con attenzione verso la luce e ogni tanto ride assieme al coro di voci che ridono.

Il ragazzo è addormentato e sta scompostamente seduto sulla poltrona. Il braccio destro penzola oltre il bracciolo e la testa è appoggiata alla spalla destra, la bocca semiaperta. Il braccio sinistro è piegato verso l’interno e la mano appoggiata sul petto.
Davanti a lui la luce è ancora accesa e una voce di donna sta leggendo un notiziario.

Uno specchio rettangolare appeso ad una parete piastrellata e illuminata dall’alto riflette la parete opposta, anch’essa ricoperta dalle stesse piastrelle beige. Il ragazzo alza la testa, le mani piene d’acqua premute sul volto. L’acqua scivola lungo gli avambracci. Indossa una maglietta di cotone beige. Le mani scoprono gli occhi assonnati e li stropicciano. Poi abbassa le braccia e appoggia le mani sul lavandino. Si guarda per alcuni secondi. Aguzza la vista come se avesse scorto qualcosa e si avvicina allo specchio per osservarsi meglio l’occhio sinistro.

Con le dita della mano destra si tasta la palpebra inferiore, premendola verso l’alto, ruotando contemporaneamente il bulbo oculare. Ripete il gesto un paio di volte. Alla terza volta il bulbo fuoriesce velocemente dall’orbita cadendo verso il basso.
Il ragazzo rimane per un istante immobile, con la mano destra ancora premuta sotto l’occhio, oramai ridotto ad una cavità nera. Poi abbassa lentamente il braccio e china il capo verso destra per guardare l’occhio caduto. La sua bocca si contorce in una misurata smorfia di rassegnazione.

Il ragazzo è seduto di fronte al nastro trasportatore e indossa lo stesso camice bianco, intento ad assemblare i pezzi metallici con la consueta aria svogliata e lo sguardo perso. Sopra l’occhio destro ha appiccicati due pezzi di scotch telato grigio a formare una X che gli copre parte della fronte e dello zigomo destro.


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