Le
conseguenze delle more (seconda parte)
(...continua)
“Senti”
gli risponde, facendo un passo verso di lui “Ho capito come fai tu,
sai.” Il Morgus rimane di sasso. “So che potevi prendermi e
mangiarmi l’altra volta, ma non l’hai voluto fare. Ora, io penso
che tu sei buono, anche se mi hai quasi tolto un dito. L’ho visto
che eri dispiaciuto per quello che avevi fatto.”
A
questo punto il Morgus deve almeno tentare di difendere il suo onore.
Lui buono?! Speriamo che non ci siano leprecauni nelle vicinanze,
pensa, sennò sai che figura!
“Io
non sono buono ragazzino! Se non ti ho pappato per cena è solo
perché ho già tanti di quei mocciosi da mangiare che non so che
farmene di te!”
“Ma
se sono mesi che non prendi più nessuno!” dice il ragazzino.
“Guarda che lo so che non te la passi bene.”
“E
a te cosa importa?” gli dice il Morgus.
“In
realtà nulla, anzi, sono contento.”
“E
allora perché sei qui? Cosa vuoi da me?”
“Beh,
vedi, un motivo ci sarebbe…”
“Avanti,
non farmi perdere la pazienza che sennò poi è la volta che ti
mangio davvero!”
“Ecco,
vedi, la settimana prossima c’è una gara di torte in città. È
una cosa molto importante. Al vincitore andrà un sacco pieno di
monete d’oro. La mamma ed io abbiamo lavorato tanto per questa
gara, però ci manca ancora qualcosa.”
“Che
cosa?” chiede il Morgus.
“La
mia mamma fa la migliore crostata di more delle Sette Valli. Però
questa volta deve fare qualcosa di veramente speciale se vogliamo
avere qualche possibilità di vincere. Ecco, io sono qui per
chiederti di poter prendere un po’ delle more che sono dalla tua
parte. Sono certamente le più grosse e le più succose che io abbia
mai visto. Mia madre mi picchierebbe se sapesse che sono tornato qui,
ma io ho pensato che forse potevo convincerti ad aiutarmi.”
“E
dimmi, perché mai dovrei aiutarti?” chiede allora il Morgus.
Il
ragazzino risponde prontamente, come se si aspettasse quella domanda.
“A
te non piace la carne umana, vero?” dice “No sai, perché ho
visto che l’altro giorno dopo che mi hai morso hai sputato tutto e
hai fatto una faccia davvero schifata.”
Il
Morgus prova un po’ di vergogna. Quel ragazzino è proprio sveglio.
Deve stare attento, ci vuole prudenza.
“In
effetti è così…”
“Immaginavo.
E allora mi sono chiesto: se il Morgus, che è famoso per mangiare, i
bambini in realtà non li mangia, di cosa si nutre?”
Speriamo
davvero che in giro non ci siano fatine o coccinelle pettegole, pensa
il Morgus.
“Criceti,
cavallette, serpenti, dipende da quello che trovo…”
“Mmm,
capisco. Immagino non debba essere un gran ché.”
“In
effetti no, ma sempre meglio di voi umani.”
“Beh,
vedi, io potrei risolvere questo tuo problema.”
“E
come?”
“Beh,
potrei portarti un po’ delle cose buone che prepara la mia mamma,
così non dovresti più cacciare quei poveri animaletti.”
Il
Morgus è estremamente indeciso. La proposta sembra allettante, ma di
sicuro c’è qualcosa sotto. E poi come spiegarlo a sua madre? Come
dirle che è sceso a patti con gli umani, gli stessi che gli hanno
ucciso il padre?
“Chi
mi dice che manterrai la promessa?” chiede allora al bambino. “E
cosa dirai a tua madre?” A giudicare dalla sua espressione era
chiaro che a questo il ragazzino non aveva pensato. “Le madri non
ci cascano facilmente, sai.” Prosegue il Morgus.
“Anche
tu hai una madre?” chiede il ragazzino.
“Sì,
ce l’ho. E neanche lei vorrebbe fossi qui a parlare con te.”
Il
ragazzino ci pensa un po’ su poi dice: “Beh, potremmo farle
incontrare allora, così tutto si potrebbe chiarire.”
“Ma
sei matto? Io sono il Morgus! Non è possibile, insomma... Non è
possibile!”
“Perché?
In fondo le nostre mamme hanno le stesse paure. Se si parlassero
sarebbero più tranquille e tutti e due risolveremmo i nostri
problemi. Io avrei le mie more e tu i tuoi manicaretti.”
“Ma
non si è mai vista una cosa del genere! E poi mia madre odia gli
esseri umani. Cioè, le piacciono molto, ma solo da mangiare.
Credimi, è una cosa senza senso!”
“Io
dico invece che dovremmo provare. Facciamo così: io ora devo andare,
al villaggio si staranno chiedendo che fine ho fatto. Domattina verrò
qua con mia mamma. Tu porta la tua e vedrai che tutto si sistemerà.”
E così dicendo il ragazzino scappa via, mentre il Morgus rimane a
bocca aperta, al limitare della zona d’ombra. Non si capacita di
come possa essere finito in un pasticcio simile. Si dice di lasciar
perdere, che potrebbe essere una trappola. Degli umani non ci si può
fidare.
Poi
il pensiero di un'altra manciata di scarafaggi nello stomaco
risveglia in lui un flebile desiderio di cambiamento.
È
oramai il tramonto quando il Morgus fa ritorno alla sua tana. Sulla
soglia della caverna ha il cuore in subbuglio; non sa come spiegare
alla madre il suo strampalato progetto. Ma si fa coraggio e le si
avvicina, dicendo: “Mamma, ho da dirti una cosa…”
La
madre del Morgus si volta, appare furiosa. Puntandolo con gli artigli
dice: “So già tutto. Il bosco ha occhi e orecchie! Perciò stammi bene a sentire, perché sono io che devo dirti una
cosa.”
Il
Morgus non osa fiatare. La madre lo fissa con gli occhi iniettati di
giallo mentre le sue zanne sfregano contro il palato. Non riesce più
a trattenersi, la cosa le pesa troppo.
“Vedi,
figliolo...” la sua voce si attenua, il muso si rilassa “Neanche
a me piacciono i bambini.”