giovedì 28 febbraio 2013


Amici


Devo sostituire, per un paio d'opre, un allenatore di pallacanestro con dei ragazzini di dodici anni. Torno dopo tanto tempo dove mi allenavo anch'io, alla loro età. La palestra è piccola, ci sta appena un piede tra il bordo del campo e il muro e la vecchia area del tiro da tre non arriva fino a fondo campo. Il pavimento è lo stesso linoleum verde di dieci anni prima.
I ragazzi sono tanti ma abbastanza disciplinati. Tra di loro c'è anche un ragazzo down, che tutti chiamano Bengi. Bengi è bravo. Passa la palla, corre, fa qualche fallo ma solo perché è un po' scomposto. Gli altri lo sanno e non se la prendono e cercano di coinvolgerlo nel gioco il più possibile.
Facciamo un po' di riscaldamento, poi qualche esercizio e infine una partitella.
Ad un tratto Bengi va in bagno ma non torna. Allora lascio i ragazzi a giocare ed entro negli spogliatoi. Apro la porta delle docce e vedo Bengi che si è tolto i pantaloni e sta roteando in aria le mutande piene di cacca.
Chiudo la porta e torno in palestra. Fischio e chiamo a me i ragazzi. Prendo Filippo e Marta, che mi sembrano i più svegli ed autorevoli, e li incarico di fare da giocatori e arbitri perché Bengi ha bisogno di me. Loro annuiscono, non deve essere la prima volta che accade, prendono la palla e fanno giocare i loro compagni.
Torno in bagno e la situazione non è cambiata. In più però Bengi sta gridando: "Seeeeee!".
Riesco a placarlo poi lo riporto in bagno e lo lavo. Trovato il suo zainetto lo asciugo con un asciugamano che per fortuna ha dietro. Però non ha un cambio. Gli metto i miei pantaloncini e io rimango con la tuta. Prendo le sue mutande e i pantaloncini imbrattati e li incarto come posso in un sacchetto di plastica che trovo nella cesta dei palloni. Metto il sacchetto in bagno in attesa che arrivino a prenderlo. Intanto i ragazzi in palestra finiscono la partita mentre Bengi li osserva dalla panchina.
Alla fine delle due ore arrivano i genitori di Bengi ai quali racconto sorridendo l'accaduto. Loro lo rimproverano un po' ma alla fine non lo sgridano troppo. Prima di andare via Bengi mi abbraccia e mi dice: "Amici...".

giovedì 21 febbraio 2013


Renon (2)
Canederli


Decidiamo di andare a cena nel paesino più basso dell'altopiano, arrampicato attorno e sopra la piazza della chiesa, in mezzo ai filari di vite belli carichi. C'è una sagra, sei o sette stand appena, e la banda di Vanga, composta da soli uomini in abiti tipici tirolesi, che probabilmente raccoglie tutti gli esemplari maschi del paesino, che scopriamo contare due centinaia di abitanti, e qui saranno cinquanta.
Arriviamo presto e compriamo qualche formaggio e dello speck pregissimo di malga. In realtà non siamo qui a caso. Sappiamo che gli stand sono gestiti da alcuni dei più rinomati ristoranti del luogo che per l'occasione preparano pietanze più semplici su piatti di carta o vaschette di plastica, per promuoversi. In pratica si mangia benissimo, spendendo poco, in un clima tranquillo da festa di paese altoatesino.
E' tutto ottimo. Il risotto, i canederli di formaggio, le crepes, il gelato con le fragole. Ma poi arriva la bomba.
Sulla colonna di uno stand di legno scuro, il più grande e rifinito di tutti, è appesa una lavagnetta che recita: canederli dolci, due euro l'uno. Li proviamo.
Dei canederli in realtà hanno solo la forma e apparentemente la consistenza, ma dentro è tutto diverso. La forchettina di legno spacca la pastella fragrante, e ne fuoriesce, lento e denso, il ripieno di ricotta. Il primo boccone è nel complesso dolce e tiepido. Intanto si fa largo il cuore caldo di albicocca. Il secondo boccone è divino. Con molta, molta calma li finisco. Ce ne starebbero altri due, ma l'apoteosi deve fermarsi qui.

giovedì 14 febbraio 2013


Grondaie

Davidino parla con le grondaie. E i lampioni, i tubi, gli spigoli dei palazzi. Lo puoi vedere quasi tutte le mattine in Piazza della Libertà, ben vestito, con cappotto firmato, coppola e sciarpa rossa. Si ferma a metà della piazza, di fronte alla banca, ed inizia a chiacchierare con la grondaia della Prefettura. Le porge domande, ride alla risposte, si arrabbia quando non è d'accordo. Poi saluta la grondaia dicendole: "Sei forte te!" e prosegue, sguardo basso, verso una meta che solo lui conosce. Ad un tratto si ferma di fronte ad un lampione in ghisa, alza la testa come se avesse rivisto un vecchio amico, lo saluta a voce alta, ride sguaiatamente poi inizia una nuova conversazione accorata e serissima. "Sei forte te!" e se ne va, voltando l'angolo. Se lo segui per un po' ti accorgi che impiega ore per attraversare il solo centro storico. A volte torna indietro, a volte passa oltre alcuni vecchi amici senza nemmeno considerarli. Non lo fermano la pioggia, il vento, le manifestazioni. Al termine della mattinata si dilegua, mentre i negozi chiudono per il pranzo. Al pomeriggio non lo vedi quasi mai. Ma sai che il mattino seguente ritornerà.
Sembra una canzone di Guccini.

giovedì 7 febbraio 2013


Storione
Etimologia della parola

Pesce cantastorie d'acqua salata o più raramente dolce. Molto apprezzato dai suoi simili, soprattutto dai cetacei, in quanto ha sempre pronta una storia incredibile da raccontare. Molto spesso è egli stesso il protagonisti di tali storie, e altrettanto di sovente esagera nel raccontarle, e per questo viene amabilmente canzonato. Come quella in cui una volta è stato pescato da un uomo di tre metri. O l'altra in cui è stato fuori dall'acqua per due giorni. Esiste pertanto un modo di dire che lo riguarda, oramai diffuso dall'Adriatico al Mar Giallo. "Sei uno storione" o "Non fare lo storione" o, almeno in Romagna, "Fat sturiò'!" oppure "L'è propi un sturiò!". Al di là dell'ironia, lo storione è tuttavia conteso ai ricevimenti e invitato alle manifestazioni importanti poiché intrattiene i commensali e il pubblico come nessun'altra creatura acquatica. Cogliamo dunque l'occasione, nel descrivere questo lemma, per sensibilizzare l'uditorio alla critica situazione degli storioni, minacciati di estinzione dall'avvento di aggeggi elettronici che permettono di avere storie sempre a portata di mano o addirittura già lette da altri per voi. Le storie, per quanto possano essere gonfiate, fatevele raccontare dal vivo, che è meglio.