giovedì 28 marzo 2013


Mattino
Etimologia della parola

Personaggio sociopatico e con una visione bizzarra del mondo che lo circonda, solitamente isolato dalla società. Non è mai di statura superiore al metro e cinquanta ed è possibile vederlo solamente tra l'alba e il mezzogiorno. Date le poche ore di operatività concessegli è sempre molto indaffarato, svolge più attività contemporaneamente e non smette mai di parlare, accavallando spesso i discorsi e ne lascia molti in sospeso. Negli Stati Uniti vive in comunità controllate ma negli altri continenti di solito vive libero e dunque non è possibile quantificarne il numero, nemmeno approssimativamente. In alcune nazioni dell'Africa subsahariana e dell'Oceania occupa ruoli di prestigio all'interno della società e viene consultato come un saggio o un oracolo.

giovedì 21 marzo 2013


Barbiere


Un paio d'anni fa scrissi un racconto ispirato ad un barbiere della mia città, un signore molisano gioviale e molto gentile, tradizionale e uno degli ultimi a prezzi onesti. Quando ebbi la certezza che il racconto sarebbe entrato a far parte di un romanzo collettivo andai da quel barbiere, che mi conosceva solo di vista, mentre io di lui sapevo molto, per portargli una copia del racconto. Trovai il negozio chiuso per malattia. Tornai dopo una settimana e vidi la serranda mezza abbassata. Sbirciando dentro scorsi una ragazza. Mi aprì spiegandomi che era passata a dare l'acqua alle piante perché il negozio sarebbe rimasto chiuso per un po' dato che suo padre non stava tanto bene. Spiegai alla ragazza il motivo della mia visita e le lasciai una copia del racconto, dicendole che il protagonista era ispirato a suo padre. Lei lo prese e mi fece entrare, con un sorriso commosso. Mi spiegò che il padre aveva iniziato ad avere problemi di memoria, faticava a fare i conti ed aveva scoperto di avere un tumore al cervello. Forse sarebbe tornato, ma prima doveva operarsi. Le dissi che dopo qualche settimana avremmo presentato il libro e ci scambiammo i numeri. Mi promise che sarebbe stata presente alla serata.
In effetti venne, con il marito, i figli e la madre ma suo padre non se la sentiva di uscire. Quella sera non ebbi modo di leggere il racconto del barbiere ma loro furono molto contenti ugualmente e mi ringraziarono. Mi ripromisi di leggerlo alla presentazione successiva, che avremmo fatto sempre in città qualche tempo dopo, così forse il padre sarebbe venuto.
Alla seconda presentazione la famiglia del barbiere non venne, come molti altri, poiché nevicò come non accadeva da decenni e in platea c'era appena una dozzina di amici. Qualche settimana dopo tornai al negozio e trovai il barbiere con la figlia. Lei gli spiegò chi fossi e lui sorrise, facendo un cenno con la mano. Conoscendo la sua parlantina, vederlo così silenzioso mi dispiacque molto. Nelle settimane successive il negozio rimase chiuso e i cartelli scritti a mano che si alternavano sulla serranda procrastinavano sempre di più il ritorno del barbiere. Ad ogni acquazzone venivano riscritti ed ogni volta la famiglia ringraziava gli amici e i clienti che si erano interessati alla salute del barbiere.
Qualche mese più tardi il negozio venne messo in vendita.
Dopo circa un anno andammo a cena in un ristorante del centro che aveva cambiato gestione da poco. Saremmo andati in bicicletta ma era freddo e minacciava pioggia. Prendemmo la macchina sperando in un parcheggio vicino. Ci rassegnammo a dirigerci verso la piazza quando vidi all'improvviso un posto vuoto tra una macchina e un paletto. C'era poco spazio ma riuscii con un paio di manovre a mettermi dentro le righe. Non avrei mai sperato di trovare posto in quella via e così vicino al ristorante. Appena scesi dalla macchina buttammo l'occhio ai manifesti degli spettacoli, accanto ai quali vi erano alcuni annunci funebri. Il primo in basso a destra era quello del barbiere, ed era di qualche  giorno prima. Ho scritto subito un messaggio alla figlia, dicendole che avevo saputo in ritardo e che mi dispiaceva. Suo padre avrebbe lasciato certamente un bel ricordo in tutti noi.

giovedì 14 marzo 2013


Treno


C'è una coppia di ventenni, lui di Vico Equense, lei di Bondeno, che si prendono in giro sui rispettivi accenti. Sono innamorati e stanno andando a conoscere i genitori di lei. C'è un cileno basso e piazzato con i capelli lunghi, nerissimi, raccolti da un elastico rosso. Ascolta negli auricolari musica sudamericana solo strumentale, che a me pare tutta uguale, ad un volume assurdo e muove ritmicamente la testa e il piede, inguainato in una scarpa da ginnastica nera e lucida. Guarda dal finestrino la nebbia fitta, come per sfondarla, ma non la vede, assordato com'è. C'è un signore sgangherato che ha sbagliato treno. Ma non se ne preoccupa, scenderà tra un paio di fermate. C'è una ragazza che è partita senza avvisare i suoi amici che dovrebbero venirla a prendere alla stazione. Allora chiama suo padre, che chiamerà il suo ragazzo, che chiamerà i suoi amici, sperando che siano liberi. C'è una signora senegalese agghindatissima, con collane, braccialetti e vestiti colorati. Canticchia sottovoce e il suono si confonde con il rullio del motore. C'è il controllore dall'accento riminese che non chiede il biglietto ma saluta tutti e ad ogni fermata fischia nell'oscurità, risvegliando i paesini assopiti.