giovedì 27 dicembre 2012


A.G.

Finale del campionato provinciale di pallacanestro. La solita da anni. Loro sono sempre troppo forti, proprio un altro livello e ci prepariamo a prendere la consueta botta di punti. Il loro capitano è A.G., un bulletto nemmeno troppo alto (che però, bisogna riconoscerglielo, salta come un matto), tutto ingellato e con il codazzo di tipine che lo vengono a vedere. I suoi compagni di squadra lo venerano e lo proteggono e ci minacciano dalla panchina, nell'indifferenza dell'arbitro e dell'allenatore. Come al solito lo marco io.
Dopo il primo tempo stiamo già sotto di venti e le cose non sono destinate a migliorare. Tre dei nostri hanno quattro falli e difendono con la mano leggera per non finire subito fuori. A.G. ha fatto una quindicina di punti, messo a segno tre o quattro stoppate, rubato otto palle e si è guadagnato un fallo tecnico dopo aver spinto sotto canestro il nostro lungo il quale, dato che l'arbitro non fischiava, lo ha spinto per terra. A.G. se la rideva.
Manca poco alla fine, abbiamo finito la panchina per falli, io sono ancora in campo ma ne ho quattro anche io e sto addosso ad A.G. cercando di limitarlo, ma nulla più. Mette a segno una tripla, poi mi infila in entrata con un sottomano comodo comodo. Mi guarda negli occhi da pochi centimetri e ride. Bravo.
Nell'azione seguente la palla ce l'ha ancora lui, è al limite dell'area piccola e vuole entrare. Sento il lungo dei loro che mi si preme addosso e tenta un blocco ma io lo aggiro proprio mentre A.G. parte di destro, dritto per dritto. Io sono un pelo in ritardo ma recupero e cerco di rubargli il pallone mentre sta ancora palleggiando. Ma non ci arrivo. A.G. inizia il terzo tempo. Palla in mano, destro, sinistro, stacco. Si prepara ad appoggiare la palla al tabellone in sottomano, come se li sotto ci fosse solo lui. Allora ci provo.
Mi rendo conto che con la mano destra non ci posso arrivare, farei fallo di sicuro. Allora faccio un terzo tempo da mancino. Sinistro, destro, stacco. Allungo il braccio sinistro, che non è il mio, salto come non mani e gli sono di fianco. Lui mi vede con la coda dell'occhio ma oramai è in aria, ha impostato il movimento e non può fare molto. Io spingo la spalla più in alto che posso, protendo le dita e proprio mentre la palla si stacca dalla sua mano arrivo io a palmo aperto, impatto il pallone con tutta la forza che ho e lo e sparo in tribuna.
Quando atterriamo lui mi guarda, incredulo. Io ansimo e lo fisso.
Quel giorno abbiamo perso di quarantadue punti. Ma io ho stoppato A.G..

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