No
golf
Abitavo
al n.87 di Craiglockhart Terrace, nella periferia ovest di Edimburgo.
Vivevo con due ragazze australiane, una coppia spagnola, un'altra
ragazza spagnola, un quarantenne scozzese quasi alcolista e un
ragazzo pallidissimo e sempre vestito di nero, del quale non seppi
mai nulla e che tutti chiamavamo “Il fantasma”. All'inizio non
avevo ancora molta confidenza e siccome ero nettamente l'inquilino
più giovane, me ne stavo spesso da solo e mi inventavo cose da fare.
Lungo
la strada per tornare a casa con il bus diretto a Torphin passavo
sempre accanto ai Brunsfield Links, un piccolo prato nel cuore della
città con 18 brevi buche da golf. Al limitare del campo c'era una
casetta di legno dipinta di rosso scuro con appese le regole del
campo e una piccola mappa delle buche. Ognuno poteva giocare
liberamente, purché rispettasse le regole e ovviamente si portasse
le proprie mazze e le proprie palline.
Dopo
circa due settimane che ero lì, dato che faceva bel tempo, decisi di
entrare in un charity shop a caso, e per tre pounds comprai due
mazze, un ferro medio e un putter, e due palline.
Andai
al campo da golf ed iniziai a tirare le palline. Non avendo mai
giocato ero molto scarso, però mi divertivo abbastanza. Alla quinta
buca iniziò a piovere di brutto e fui costretto a interrompere la
mia prima solitaria di golf. Forse era un segno, forse mi si stava
dicendo che non ero ancora pronto per il gioco, nemmeno per i Links.
Nei
giorni seguenti decisi quindi di allenarmi e siccome proprio di
fronte a casa c'era un'enorme prato ben curato, mi misi a tirare
palline, per ore ed ore. Passai così alcuni pomeriggi fino a quando
non mi sentii pronto per tornare ai Links.
Ad
un tratto, quando avevo deciso di fare gli ultimi tiri (oramai
riuscivo a lanciare con precisione oltre i trenta metri) vedo un
ragazzo ben piazzato tutto vestito di bianco, con i guantini e la
coppola che mi corre incontro dall'altra parte del prato, saranno
stati trecento metri, agitando le braccia e urlando qualcosa. Io non
capisco e piazzo un altro lancio. Vado a recuperare la pallina e
quando torno indietro l'uomo mi ha quasi raggiunto. Ora capisco cosa
mi sta urlando: “No golf! No golf!”. Quando vede che ho
finalmente sentito si ferma e mi guarda, ma è ancora a un centinaio
di metri. Io che non capisco perché non posso lanciare gli urlo
“Tell me why?!” e lui, con grandissimo garbo mi urla “It's a
cricket pitch!”
Con
riluttanza alzo una mano, in segno di scusa, raccolgo le mie palline,
recupero anche l'altra mazza e torno verso casa.
Ero
contrariato. Per quasi una settimana mi ero allenato e nessuno si era
mai presentato a giocare a cricket. Ero sempre rimasto nel bordo del
campo, vicino alle case, e da lì nemmeno si vedevano le linee
bianche dei campi da quanto ero lontano.
Più
tardi scoprii che stavo lentamente dissodando i Craiglockhart
pitches, i campi di riserva del Watsonians Cricket Club, che si
trovava dall'altra parte della ferrovia. Quella sera riposi le mazze,
deciso a trovare un altro prato nel quale allenarmi.
Il
mattino seguente vicino alle case dove di solito mi esercitavo
campeggiava un cartello con scritto “No golf”.
Vi
passai oltre, sbirciando dentro le finestre per vedere se qualcuno mi
stesse osservando, se qualcuno mi avesse riconosciuto. Quel cartello
era lì per colpa mia.
Non
ripresi più in mano le mazze. Non tornai mai più ai Brunsfield
Links. Ma ogni giorno li vedevo scorrere accanto al bus n. 10 e ogni
giorno mi ricordavo della piantina del parco che avevo piegato e
riposto nel cassetto della scrivania. E credo che sia ancora lì.
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