giovedì 2 maggio 2013



Dreamcatcher

Prima Parte

La mappa abbozzata sul foglietto giallo indicava proprio quella finestra. Dillon accartocciò il pezzo di carta e lo infilò con cura nella tasca dei calzoni, sentendolo scivolare lungo la coscia. Al suo fianco Julie strisciava la coda sulla sacca di cuoio, strabordante di sfere luminose. Era impaziente di tornare a casa. La notte stava finendo e lei sapeva che quella era l’ultima visita.
Dillon spinse adagio la finestra, che era aperta come da istruzioni, e sorrise compiaciuto. Non sempre la lasciano aperta, anche se viene detto loro, e quando accade vi è sempre il rischio di svegliare chi dorme nella stanza.
Il tappeto che ricopriva il pavimento di legno era soffice e caldo. Dillon ne apprezzò la morbidezza sotto i piedi nudi e pensò che anche Julie doveva provare la stessa sensazione.
La stanza era ordinata e accogliente. Pupazzi e giochi erano adagiati con cura su sedie e mensole o su qualche cassa colorata. I libri risposavano nella piccola libreria accanto al letto. La porta era chiusa, come da istruzioni. Nel letto accanto alla porta Sara dormiva stringendo un orsetto sgualcito.
Dillon si guardò attorno osservando le pareti e il soffitto per capire da dove sarebbero arrivati. La parete dietro il letto era rivestita di assi e quella accanto era stata saggiamente dipinta di celeste, colore che notoriamente li tiene lontani.
“Arriveranno da lì” disse Dillon a bassa voce, indicando la parete opposta a quella celeste. Julie miagolò, per segnalare che era d’accordo.
Dillon si sedette ai piedi del letto, appoggiando la borsa sul tappeto rosso e Julie vi si accovacciò accanto, osservando un punto a mezz’aria dove ancora non vi era nulla.
“Li senti già?” le chiese Dillon.
Julie non emise alcun suono ma tese il corpo, e ciò era segno che erano molto vicini.
Dillon infilò una mano nella sacca ed estrasse una piccola sfera trasparente e vuota. L’appoggiò sulla coperta e si tirò sul capo il cappuccio della casacca marrone, ricamato con piccole stelle dorate. Chiuse gli occhi e prese la sfera tra le mani, in attesa che fosse il momento.

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