Dreamcatcher
Prima Parte
La mappa abbozzata sul foglietto giallo indicava
proprio quella finestra. Dillon accartocciò il pezzo di carta e lo infilò con
cura nella tasca dei calzoni, sentendolo scivolare lungo la coscia. Al suo
fianco Julie strisciava la coda sulla sacca di cuoio, strabordante di sfere
luminose. Era impaziente di tornare a casa. La notte stava finendo e lei sapeva
che quella era l’ultima visita.
Dillon spinse adagio la finestra, che era aperta
come da istruzioni, e sorrise compiaciuto. Non sempre la lasciano aperta, anche
se viene detto loro, e quando accade vi è sempre il rischio di svegliare chi
dorme nella stanza.
Il tappeto che ricopriva il pavimento di legno era
soffice e caldo. Dillon ne apprezzò la morbidezza sotto i piedi nudi e pensò
che anche Julie doveva provare la stessa sensazione.
La stanza era ordinata e accogliente. Pupazzi e
giochi erano adagiati con cura su sedie e mensole o su qualche cassa colorata.
I libri risposavano nella piccola libreria accanto al letto. La porta era
chiusa, come da istruzioni. Nel letto accanto alla porta Sara dormiva stringendo
un orsetto sgualcito.
Dillon si guardò attorno osservando le pareti e il
soffitto per capire da dove sarebbero arrivati. La parete dietro il letto era
rivestita di assi e quella accanto era stata saggiamente dipinta di celeste,
colore che notoriamente li tiene lontani.
“Arriveranno da lì” disse Dillon a bassa voce,
indicando la parete opposta a quella celeste. Julie miagolò, per segnalare che
era d’accordo.
Dillon si sedette ai piedi del letto, appoggiando la
borsa sul tappeto rosso e Julie vi si accovacciò accanto, osservando un punto a
mezz’aria dove ancora non vi era nulla.
“Li senti già?” le chiese Dillon.
Julie non emise alcun suono ma tese il corpo, e ciò
era segno che erano molto vicini.
Dillon infilò una mano nella sacca ed estrasse una
piccola sfera trasparente e vuota. L’appoggiò sulla coperta e si tirò sul capo
il cappuccio della casacca marrone, ricamato con piccole stelle dorate. Chiuse
gli occhi e prese la sfera tra le mani, in attesa che fosse il momento.
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