giovedì 6 giugno 2013

Dragan

Esco dal gelo sintetico dell'ufficio, alzo lo sguardo e vedo, in fondo al lungo corridoio foderato di moqutte grigia, Dragan che mi viene incontro sorridendo. E' un omone alto e con spalle larghe, la camminata ampia. Ha un ghigno divertito e con le braccia allargate e le mani chiuse mima, tirandole su e giù, due valigie pesanti. Ci metto un attimo a comprendere poi rido anch'io. Mi sta ricordando che l'Italia ha perso dalla Serbia ai mondiali di pallavolo e che quindi andiamo a casa.
La prima volta che sono andato al piano di sopra per portare dei documenti a Dragan lui mi ha fatto un grande sorriso, mi ha chiesto come mi chiamassi e in quale ufficio fossi. Io gli ho risposto poi ho chiesto il suo nome e lui mi ha detto che era sposato e aveva due figli.
Il giorno dopo decido di iniziare io e provo con lo sport. Gli chiedo se è Serbo (perché l'Italia aveva giocato il giorno prima contro la Serbia a calcio) e lui annuisce facendosi serio. In quel momento non realizzai perché lo avesse fatto, iniziai a parlare della partita e lui si distese nuovamente. Ora posso dire che quella fu l'unica volta in cui lo vidi accigliato. Più tardi capii che alla mia domanda probabilmente avevo innescato una difesa contro i brutti ricordi del periodo della guerra dalle sue parti. Quella domanda a bruciapelo "Sei Serbo?", per me innocua, forse gli era stata fatta tante volte, prima che venisse in Italia, e dubito fosse stata così innocua. Per un attimo immagino la sua storia, lo vedo scappare con la sua ragazza attraverso chissà quali confini e arrivare in Italia, lasciandosi dietro amici e famiglia. Ma non saprò mai se è andata così.
Dragan di quel periodo non vuol parlare. L'ho saputo da altri colleghi così ho sempre evitato di fare domande, anche se mi sarebbe piaciuto sentire da lui come sono andate veramente le cose. Riesco solo a sapere che viene da Negotin, una cittadina vicino al confine con Romania e Bulgaria. Ogni estate torna là con la moglie, anche lei serba, e i figli, nati e cresciuti in Italia. La figlia di tredici anni una volta lo è venuto a prendere in ufficio per accompagnarlo in Comune. Dragan doveva portare dei moduli e dei documenti e aveva bisogno di lei per farsi capire dagli impiegati.
Ah, già. Dragan e sua moglie sono sordomuti.


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